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Titre | Discorso accademico, nel quale si tratta del modo di ben formare a questo tempo una tragedia |
Auteurs | Bonifaccio, Giovanni |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1624 |
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, p. 47-48
Onde chi introducesse cose prodigiose, se bene produrebbono meraviglia, essendo nondimeno contrarie alla natura, di esse non si formerebbe buona tragedia, e la commotione provenirebbe non dall’artificio del poeta, ma da colui che la rappresentasse, e così dall’apparato, e non dall’arte. Et Aristotele ci insegna a formar in modo la tragedia, che anco senza rappresentazione chi la leggerà senta con horrore in se destar misericordia ; e quel diletto ancora, che l’uomo prende vedendo alcuna azione ben imitata, ancorché spiacevole si come con gusto rimiriamo quelle pitture, che benissimo ci rappresentano alcun fatto quantunque iniquo e crudele : come avviene a colui, che piange l’amico morto, il quale si come sente dolore della sua morte, così riceve una sorte di piacere mentre si va raccordando quelle cose che lo indussero ad amarlo, et a volontieri piangere, poiché, come disse Ovidio, Est quædam flere voluptas.
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, p. 53-54
Deve anco questa orazione tragica esser patetica, cioè affettuosa, il che succede, mentre colui che parla si trasforma nella persona che rappresenta, esprimendo in se stesso quello che desidera che sia nell’auditore, con parole dolorose, con voce flebile, e con gesto pien di mestitia, perché Vt ridentibus arrident, ita flentibus adsunt / Humani vultus. Ma se piangendo alcuno raccontasse cose allegre, o ridendo cose meste, farebbe senza dubbio effetto contrario a quanto s’avesse proposto ; essendo verisssimo che Si vis me flere, dolendum est / Primum ipsi tibi, tunc tua me fortuna lædent. Per questo Polo histrione nella rappresentazione dell’Elettra di Sofocle, in luogo d’aver in mano le finte ossa d’Oreste, avendo le proprie di suo figliuolo, che poco prima era morto, da dovero piangendo, con tanto affetto rappresentò la parte sua, che fece dirottamente tutti gli uditori lagrimare. E Quintiliano in conformità lasciò scritto. [[1:lib. 6 cap. 3]] Summa enim, quantum ego quidem sentio, circa movendos affectus in hoc posita sit, ut moveamur ipsi. E Cicerone [[1:De oratore lib. 2]] : Neque fieri potest, ut doleat is, qui audit, ut oderit, ut invideat, ut pertimescat aliquid, ut ad flectum misericordiamque deducatur, nisi omnes ii motus, quos orator adhibere volet iudici, in ipso oratore impressi esse, atque inusti videantur.
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, p. 64
E per sostentare questa loro opinione[[5:che non in prosa, ma in verso le tragedie si debbano componere.]] hanno detto, che essendo la tragedia, come figliuola, nata dall’epopea, et a quella molto simile, e gravissimo poema esser cosa ragionevole, che con l’istesso habito comparisca, cioè con verso alto e sublime, imitando Teocrito e Virgilio, che con versi heroici scrissero anco i ragionamenti de’ pastori ; ma a questi si può dire, che sono simili a quei pittori, che formando le imagini de gli huomini, non si curano di farle naturalmente vere e somiglianti ; ma, per adularli, più maestuose e più riguardevoli le compongono : e che come i versi essametri si possono fare più e meno alti, e sonori, secondo che la materia ricerca, e come appunto ha fatto Virgilio, così anco dover esser formati i nostri versi sciolti […]. Dovendosi adunque componer la tragedia con quei versi che sono più simili alla prosa, ciò si farà con i nostri versi sciolti.
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